In molti attendevano l’intervento del Governo relativamente alle sanzioni per le violazioni al Regolamento 29/2012, relativo alle norme di commercializzazione dell’olio di oliva. In pochi però si aspettavano che il governo, soprattutto dopo le lunghe polemiche sull’Italian sounding e le recenti inchieste giudiziarie, arrivasse alla depenalizzzione del reato di contraffazione del Made in Italy.
Ma andiamo con ordine e vediamo cosa dice esattamente la bozza di decreto legislativo attualmente all’esame delle Camere che dovranno esprimersi sul provvedimento.
Articolo 4 (Designazione dell’origine)
Salvo che il fatto non costituisca reato, chiunque non indica nell’etichetta degli “oli extra vergini di oliva” e degli “oli di oliva vergini” preimballati e nei documenti commerciali di detti oli sia preimballati sia allo stato sfuso, la designazione dell’origine o indica la designazione dell’origine difformemente da quanto previsto dall’articolo 4 del regolamento (UE) n. 29/2012, ovvero riporta segni, figure o illustrazioni in sostituzione della designazione dell’origine o che possono evocare un’origine geografica diversa da quella indicata, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1600 a euro 9500.
Ad una prima lettura sembrerebbe che con la frase “salvo che il fatto non costituisca reato” il Governo voglia garantire la tutela della salvaguardia penale ma approfondendo la questione e soprattutto la giurisprudenza Europea in merito (vedi ad es. Sentenza Europea dei Diritti dell’Uomo del 04 Marzo 2014 – Grande Stevens e altri c. Italia) ci si rende conto che il «doppio giudizio» per gli stessi fatti non è consentito. Un procedimento penale, quindi, non può essere intrapreso per gli stessi fatti oggetto di una decisione amministrativa passata in giudicato.
Ergo nel caso venisse comminata una sanzione amministrativa (come prevista dalla bozza di decreto legislativo del governo), e la stessa non venisse impugnata, di fatto verrebbe vietato alle Procure di aprire un fascicolo per “Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.” (art. 517 quater del Codice penale reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000).
Stante la norma in questi termini, l’azienda “disonesta” sarà ben contenta di farsi comminare la sanzione amministrativa (multa fino a 9500 €) e dunque risolvere ogni pendenza con lo Stato.
Auspichiamo che la discussione parlamentare sappia correggere quello che a tutti gli effetti sembra un favore ai produttori e rivenditori poco trasparenti (per così dire) mantenendo al centro del dibattito tanto la salvaguardia della sicurezza alimentare quanto quella di uno dei prodotti di eccellenza della filiera agroalimentare italiana.
Vi terremo aggiornati.
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