Entrerà in vigore il 1° luglio il decreto legislativo 103/2016 che stabilisce le sanzioni per le violazioni al regolamento europeo n. 29/2012 sulla commercializzazione di tutti i tipi di olio di oliva (dall’extra vergine al vergine dal semplice olio di oliva alla sansa).
Subito una buona notizia: gli illeciti sull’etichettatura non saranno depenalizzati, come invece si pensava in un primo momento. Il decreto sottolinea nuovamente (laddove ce ne fosse ancora bisogno) il primato del reato penale rispetto all’amministrativo.
Tra le condotte che possono portare a un provvedimento penale vi è l’assenza o addirittura la contraffazione dell’indicazione geografica di origine, ovvero per l’utilizzo di disegni o illustrazioni tali da suggerire al consumatore un’idea erronea sul paese di origine dell’olio (c.d. country sounding).
Anche la mancata indicazione della categoria merceologica o l’indicazione scorretta può costituire reato. Ricordate la storia dei falsi oli extra vergini scoppiato nel giugno del 2015? Allora, il procuratore di Torino portò in tribunale sette marchi molto noti con l’accusa di vendere olio vergine al posto dell’extra vergine.
In altri casi il decreto legislativo prevede solo sanzioni amministrative, come per la mancata iscrizione al registro SIAN (sistema informativo agricolo nazionale) dove sono registrati tutti gli operatori della filiera per garantire la tracciabilità del prodotto.
Le sanzioni per chi viola queste norme possono arrivare fino 18.000 euro. Si tratta di una cifra abbastanza modeste se si pensa che i produttori importanti fatturano decine di milioni di euro. Nel caso in cui le infrazioni riguardino volumi di olio inferiori ai 700 kg o litri le sanzioni possono essere dimezzate, oppure aumentate per volumi superiori ai 30.000 kg o litri. In fondo, se stiamo parlando di un illecito che riguarda enormi volumi di prodotto anche raddoppiando la sanzione massima non si incide molto sulle tasche del produttore disonesto.
Un’altra novità è il passaggio dell’autorità competente dalle Regioni al gruppo repressione frodi dell’ICQRF del Mipaaf, che centralizzerà i controlli evitando le disparità di trattamento evidenziate dalle aziende con più sedi sul territorio.